Economia, produzione e lavoroEditoriale

ZES, PNRR e STELLANTIS dentro un processo di riequilibrio territoriale

Rovistando tra gli articoli del sito www.focusabruzzo.eu possiamo individuare diversi titoli che si dedicano in maniera specifica agli effetti prodotti. dai tassi di mortalità, natalità ed emigrazione-immigrazione e sulla qualità delle condizioni del popolo abruzzese residente. Ma giungono, potremmo dire con puntualità numeri, dati e considerazioni tutte contenute nel Report del Dott. Aldo Ronci sulle PREVISIONI  ISTAT   dal 31.12.2022 al 31.12.2041. Dopo la lettura del Report possiamo anticpare che in questi diciannove anni l’Abruzzo avrà una proiezione statistica che la porterà ad avere 100.000 abitanti in meno. Con meticolosità il Dott. Ronci rimarca la ipotesi di crollo di residenti persi pari , in un numero di reidenti quasi pari a quelli di una città come Pescara. Numeri che per giunta riporteranno l’Abruzzo indietro di un secolo (ca. 1925) In termini estensivi i dati pubblicati, rilevati dalla Fonte ISTAT, ci dicono che l’Abruzzo decrescerà del 8,33% con un’intensità pari al doppio di quella dell’Italia che sarà di un più “benigno”  4,83%.  Questa decrescita è dovuta ad una diminuzione di abitanti in  fasce specifiche di decrescita della popolazione da : 1.272.627 del  31.12.22 al 1.166.562 del 31.12.41. Mentre nella fascia attiva del lavoro di età dai 15 ai 64 avviene che: dai 799.733   del 31.12.22 si passa ai  636.617 del 31.12.41, cioè 163.116 in meno di residenti in età da lavoro.  Naturalmente è facile dedurre che i 163.116 in meno, in età da lavoro, sono sostituiti, per giungere a 100mila, tramite un rapporto percentuale tra generazioni, del tutto a vantaggio della popolazione più anziana. Numeri che provocheranno fenomeni allarmanti sia di carattere sociale che economici. L’indice di dipendenza strutturale (cioè il rapporto tra abitanti non attivi ogni cento abitanti attivi), registrerà nel  31.12.41 un indice dell’83%, uno spread negativo, rispetto al  31.12.22, che è del 57%, pari al 26%. Numeri da capo giro che non trovano ancora una reazione nel mondo politico, nonostante la circostanza che solo azioni e politiche efficaci, immediatamente messe in campo, possono correggere  il rischio della desertificazione del territorio regionale. Una prima riflessione riguarda le differenze tra crescite e decrescite (poche) e i comuni con maggiore flessione. Tra i centri abitati più grandi la decrescita superiore saranno quelle delle zone interne come Sulmona (perderà ¼ della popolazione), Lanciano ed Avezzano, mentre sulla costa, in forma minore Ortona e Giulianova. Da annotare che nel Report il dott. Ronci esplicita che Sulmona avrà un calo che lo riporterà al 1875. Ma dopo questa noiosa estrapolazione di numeri dal Report citato è necessario interrogarsi sulle politiche necessarie affinché gli abruzzesi non si trovino ad occuparsi di una “futura” situazione drammatica, fatta di spopolamento, disoccupazione e perdita di qualità della vita per mancanza di servizi essenziali. Il Report di Ronci, dopo la illustrazione e le elaborazioni   grafiche dei dati offre un percorso per l’avvio di un progetto per la lotta allo spopolamento, cioè incremento della occupazione attraverso ’innovazione del sistema produttivo e sviluppo in una logica di riequilibrio territoriale.  Noi ribadiamo la nostra idea, già offerta in occasioni diverse anche al Presidente Marsilio invitandolo ad uscire dalla propaganda e tuffarsi nei problemi concreti della nostra regione. L’Abruzzo che nell’ultimo periodo ha vissuta una crescita al di sotto della media nazionale e di scarsa qualità, oggi è chiamata a difendersi da una dinamica sostanzialmente più restrittiva per la finanza pubblica, come scritto a chiare lettere nella Legge Finanziaria della Meloni. Con la fine del Superbonus e la riduzione dei trasferimenti alle famiglie, si sono aperti per una regione “povera” tempi duri e l’inizio dello stimolo per una occupazione di basso profilo, come già dicono i dati della sua crescita. Prepariamoci ad un 2024 in ripresa stentata, anche appesantita dall’obbligo futuro di valutare l’impatto della riforma del Patto di stabilità, e quindi di un risanamento finanziario, che riguarderà anche noi. In concreto, per reggere l’impatto, l’Abruzzo deve prepararsi immediatamente e superare le incertezze nell’uso delle risorse del PNRR, mentre è necessario lavorare alla affermazione del suo ruolo nell’incerto destino industriale. Sono arrivati i tempi per progettare ed accedere a processi formativi moderni, per una campagna di ritorno dei “talenti” e dei giovani in Abruzzo, avviare la organizzazione dei servizi di digitalizzazione, tutto mentre l’incognita  delle automotive, asse industriale dell’Abruzzo, lascia profilare un ulteriore ombra rischiosa di smobilitazione delle attuali presenze. Infine, l’Abruzzo sulla Zes unica deve dispiegare la sua “influenza”, a partire dal mantenimento degli impegni già assunti in quella precedente.  La certezza degli incentivi orizzontali, come le fiscalità di vantaggio, devono essere accompagnate da scelte di politica industriale in grado di rilanciare la presenza di imprese capaci di garantire la spesa di risorse che sicuramente non mancheranno. Le classi politiche del Mezzogiorno, proprio in questo periodo di elezioni regionali, devono trovare il tempo per “attenzionare” l’andamento del credito d’imposta generalista, che se resta come l’attuale favorirà solo il trasloco di aziende della subfornitura automotive, e non solo, e di crescita delle industrie del Nord, già pronte a “spolpare” la domanda di incentivi. La nuova frontiera, e per una volta copiamo gli Stati Uniti, è data dai Crediti d’Imposta, ad esempio, mirati ai settori che possono svilupparsi di più. Per quello che sta avvenendo dobbiamo pensare alle batterie per la transizione verso l’elettrico delle automotive o alla filiera industriale connessa allo sviluppo delle rinnovabili energetiche e alla logistica. In concreto tre settori dove l’Abruzzo ha le conoscenze culturali e presenza professionale, per ambire ad una crescita importante.

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