Se proprio vi accade di dovervi ammalare, vi avvertiamo, non ammalatevi in Abruzzo. La classifica dei LEA Livelli Essenziali di Assistenza lo dice chiaramente : se proprio non potete farne a meno ammalatevi al Nord . Una classifica, però, che non è del tutto convincente, anzi a nostro avviso, ci troviamo di fronte a modalità di compilazione del punteggio del tutto discutibili. Non è sufficiente dire che sono le Regioni a compilare, nei fatti la classifica. Perché le modalità non tengono conto degli stanziamenti e dei bilanci, certificati uno per uno dalla Corte dei conti e documentati più volte da questo giornale. Uno su tutti: le regioni del Mezzogiorno messe insieme hanno speso per assunzione e gestione del personale 7 miliardi di euro, mentre nello stesso periodo, cioè il 2018, le prime 5 regioni classificate hanno speso 15 miliardi, più del doppio. Un vizio di forma, che è comunque concreta sostanza, che porta nei criteri di ripartizione dei fondi stanziati per la sanità, parametri quali il sesso e l’età, senza nessun riferimento al N° degli abitanti. Con il risultato che, ad esempio. l’Emilia-Romagna, negli ultimi 13 anni, ha ricevuto 3 miliardi in più della Puglia a parità di popolazione. Ovviamente dove ci sono risorse i livelli di assistenza sanitaria restano alti, quindi più personale e attrezzature. Ma torniamo alla classifica anticipata da Sole 24ore, compilata in base ad una griglia ben definita da 33 indicatori, suddivisi a loro volta in 3 macro-categorie. Tutte le regioni hanno valutati i livelli essenziali di assistenza, evidenziando i passi avanti fatti, ma le distanze tra Nord e Sud restano profonde. Queste performance, in continua, ma variabile, crescita di quasi tutte le regioni del Mezzogiorno confermano la nostra valutazione di fondo: per risanare la sanità non è decisivo chiamare i ragionieri, per ridurre gli sprechi, oppure ricorrere alla moltiplicazione di una inefficace politica del tetto alla spesa e dei tagli, ma un più equo meccanismo di attribuzione delle risorse. Ad esempio, per quello che riguarda le risultanze del nostro continuo monitoraggio, gli stessi criteri che determinano la classifica Lea, sono inefficaci e fuorvianti su diversi punti. Le stesse cose, più volte e con insistenza, vengono formulate dalla fondazione Gimbe che considera inadeguati i criteri per verificare la reale erogazione di prestazioni sanitarie e la loro effettiva esigibilità da parte dei cittadini. Un po’ di luce viene fatto dal PATTO PER LA SALUTE presentato un mese fa dal ministro Roberto Speranza che ha raccolto molte di queste osservazioni esponendo la elaborazione di un nuovo comun denominatore, classificato con l’acronimo Nsg (Nuovo sistema di garanzia). Un nuovo meccanismo di monitoraggio dei Lea, nuovi, e più credibili, indicatori sulla prevenzione collettiva, l’assistenza distrettuale, l’assistenza ospedaliera, per la stima del fabbisogno sanitario, per l’equità sociale, per i percorsi diagnostici e terapeutici. Maggiore rilevanza alle patologie, minore agli aspetti organizzativi (tipo riduzione posti letto, tetti e tagli). Ma il male cronico del Sud resta sempre lo stesso: la non equa distribuzione delle risorse.