Editoriale

L’emergenza sanitaria non si affronta senza il “sistema paese”.

Video di introduzione al testo.                                                                                                                                          È questa indubbiamente la strada per tentare una risposta utile alla grande crisi sanitaria. Un bagaglio di scambi, tra centralismo e regioni, seppure in presenza di “scardinatori” di professione che fornirà un Kit di esperienze per affrontare la prossima emergenza: quella economica e sociale. Il fatto è,  che l’area di azione è il  cuore dell’Italia produttiva, quella più densa demograficamente. Quindi le tre regioni più economicamente dinamiche d’Italia sono le più colpite dal virus. Molti ritengono che, dopo questa crisi sanitaria, difficilmente torneremo uguali a prima. Già in queste giornate, il nucleo dell’azione di governo basata su un “centralismo” delle azioni e del coordinamento dell’intervento, trova flebili resistenze autonomiste e puerili polemiche costruite anche ad arte da gelosi custodi dello stinto progetto “separatista”. Cosa può osservare ognuno di noi se non che  proprio la Lombardia, il Veneto ed Emilia Romagna, cioè quelle Regioni che hanno “schiamazzato” sulla necessità di avere, tutto e subito, una maggiore autonomia dallo Stato, oggi assumono o sono costrette ad un linguaggio diverso. Il loro punto di partenza, era la richiesta della Autonomia Differenziata, sulla quale come Focus Abruzzo abbiamo già soffermata la nostra attenzione, con il Veneto, portavoce il Presidente Zaia, che giunse a chiedere su 23 materie le deleghe piene con uno slogan “da soli garantiamo di più e facciamo meglio”. Una critica implicita alle cose vigenti una offerta di modello virtuoso in contrapposizione ad un fiacco Sud. Una idea di supposta ed autonoma capacità, da liberare da “catene e freni” di quel sapore centralista che, oggi la crisi sanitaria in corso mette in ambascia. Un disegno di auto-sufficienza fallito ed indebolito alla prima prova del fuoco. Se si è costretti, per uscire dalle difficoltà, a chiedere  vie d’uscita coinvolgenti l’intero sistema Italia, i cultori della idea “soli si lavora meglio” vedono un mondo che si spezzetta offrendo un nuovo puzzle da ricomporre. Nasce una frattura tra le cose, a suo tempo, dichiarate quando c’era l’autonomia da raggiungere, per rafforzare il sistema sanitario veneto, un eccellenza un fiore all’occhiello della narrazione leghista, mentre oggi con piglio da comandante in capo il leghista Zaia, quando fa il Presidente, ammette che nessuno ce la può fare da solo. Nessuno dica che è una esagerazione interpretativa visto che lo stesso Zaia in una Conferenza Stampa ha illustrati ai giornalisti i punti e richieste avanzate al governo, a nome delle tre regioni maggiormente colpite. Anzi descrive un documento che accomuna le tre Regioni e fatto proprio dalla Conferenza delle Regioni. Tutte e tre, accomunate da un problema di crisi sanitaria e difficoltà economiche chiedono la realizzazione di una “zona rossa economica”, destinataria di misure straordinarie che non possono essere limitate alle sole “zone rosse sanitarie”. Ad esempio, per maggiore comprensione il piccolo Comune di Vo’ Euganeo, o quello di Codogno isolati per settimane, non sono solo “zona Rossa”, ma una parte importante del territorio Veneto o della Lombardia. Un documento che pone una richiesta, ma  ad un destinatario preciso: il governo centrale. Chiaro o non chiaro, specificato o meno, in un solo balzo siamo passati dal punto A) teoria dell’autonomia totale, ma vista la crescente  emergenza, al punto B) alla richiesta di protezione al potere centrale. Con l’intento di: 1) ottenere protezione sanitaria); 2) aiuto economico). Un catena che è partita dalla prima ordinanza del ministro Speranza, fortemente ispirata da Zaia, è condivisa dalle altre regioni. Ma la sostanza è che si, passa senza dirlo dalla Autonomia Differenziata, alla richiesta di un intervento robusto al Sistema Italia. Il messaggio de Presidenti è che nessuno da solo è in grado di salvarsi. Neppure le tre regioni italiani economicamente più forti. Assunto che la stessa emergenza sanitaria può essere affrontata dal Sistema Nazionale Sanitario, non da una singola entità, non foss’altro per le conoscenze scientifiche e per i ricercatori d’eccellenza e le competenze da mettere in campo. Ma una domanda sorge spontanea. Un quesito che può porre chi ha dedicato parecchie ore, e scritti a profusione, per denunciare, non solo l’esistenza, ma anche il rischio di accentuazione di un meccanismo di realizzazione di un sistema sanitario ad Arlecchino, e livelli di assistenza nei fatti, diversi regione per regione.  Oggi ci troviamo di fronte alla richiesta concreta di inversione, al di la delle loro dichiarazioni, che sono la confutazione di una dichiarazione di autosufficienza, che venne enunciata e ripetuta per due anni e mezzo, a partire dal referendum per l’autonomia del 22 ottobre 2017. UNA PERFETTA adesione alle parole del  Presidente Mattarella che  in termini espliciti ha ricordato a noi che per superare i problemi è necessaria l’unita del paese. Il Governo “Centrale” ha cominciato a dare risposte, naturalmente ci sarà sempre il “demagogo” di turno che dirà che non basta ci vuole di più etc. Ma il tema che solleviamo è più semplice,  di facile comprensione.  Più volte i leghisti veneti e lombardi, nel loro sforzo di sostegno ai contenuti della cosiddetta Autonomia Differenziata hanno usata la metafora “di popoli lavoratori che sanno come spendere, a differenza del Sud, i soldi, visti la diversità di risultato anche nella eccellenza sanitaria. Ma le cose, però, hanno una loro origine, la diversità tra Nord e Meridione,  parte pure da un punto preciso della storia del nostro paese. Dalla fase storica nella quale, per debolezza della politica, i gruppi dirigenti di questo paese hanno seguito spinte secessioniste che venivano dal Nord. Le popolazioni di quei  territori hanno sostenuto tesi e rivendicazioni politiche, che nei fatti non hanno saputo dare una prospettiva ed una trasformazione moderna del nostro paese in termini produttivi ed economici . Eppure non hanno ricevuto solo risposte, ma anche risorse da mettere a disposizione di comportamenti amministrativi ed organizzativi dal punto di vista istituzionale, tutti concentrati al Nord. Provvedimenti legislativi, però, che hanno realizzato il “perverso Meccanismo della Spesa Storica del governo Forza Italia – Lega e co. ( Primo Ministro Berlusconi, Ministri Calderoli, Tremonti, Bossi, Meloni sostenuti da Salvini ), e per la verità mai modificati, dai governi successivi, che hanno spostata la spesa dal Meridione a favore del Nord in maniera sproporzionata ed ingiusta. Tutto deve essere riequilibrato ed il Governo deve mantenere l’impegno a ripristinare la correttezza della distribuzione delle risorse nazionali a partire dai Fondi di Coesione Sociale. Ma per fare questo per tornare a crescere, come insegna la difficoltà che vive il sistema produttivo ed economico italiano bisogna farlo insieme Nord Centro e Sud. Ovvero tutti insieme: sistema paese.