Economia, produzione e lavoro

Alla ricerca di un progetto per il futuro dell’Abruzzo.

Esistono temi che invocano aiuto e richiedono battaglie, che sono: –  qualità delle politiche pubbliche nei servizi,  dalla Istruzione alla sanità; –  il ruolo delle Grandi e Piccole  Imprese ( dalle delocalizzazioni internazionale delle attività allo spostamento della organizzazione produttiva delle subforniture); –  il sistema economico finanziario (regione definitivamente abbandonata da tutti i centri di decisione delle banche ); – la lenta agonia della “buona” occupazione trasformata in  lavoro precario o “straccione”. Quest’ultimo obiettivo di una parte della imprenditoria abruzzese, prigioniera di una idea che coniuga  la crescita del sistema delle imprese regionale solo con la offerta di lavoro dequalificata e a basso costo .

Su quest’ultimo tema si abbatte una “circolante” sottovalutazione di economisti ed istituti di ricerca che continuano a parlare di crescita della occupazione, considerata buona cosa, senza mai segnalare la involuzione del monte salariale e retributivo, dove emerge l’alta differenza tra i redditi da lavoro degli abruzzesi 16.952 euro pro capite , rispetto ai redditi della media dei lavoratori italiani. Una differenza notevole pari a ben 2.463

Tutto scivola troppo, da osservatore esterno, devo dire che non si avverte, la voglia di cambiare segno a questo andazzo, o  un visibile impegno delle stesse rappresentanze del mondo del lavoro. Ma forse sono irretite dai comportamenti di partiti,  che in altri tempi se ne occupavano, ma oggi appaiono “stanchi” o defilati. Quindi, senza reazioni ben congegnate, la nostra regione è consegnata ad un  futuro economico, sociale e produttivo abruzzese, debole. Perché, se non:

  • arrivano strumenti, per una “nuova progettualità”, dagli Stati Generali dell’Abruzzo;
  • si scorgono segnali rassicuranti nei deboli contenuti del progetto regionale per il PNRR;
  • si reagisce ai guasti introdotti dalle politiche di Autonomia Differenziata, in materia di differenziazioni regionali o di qualità delle prestazioni;

Probabilmente è troppo chiedere, all’esecutivo regionale, l’apertura di un contenzioso  per l’inversione della “negatività” determinata dal drenaggio di risorse verso il Nord.

In buona sostanza ad un quadro già non esaltante del PIL, nel decennio precedente, si ripresenta nel 2020, figlia della crisi da Covid-19 , una flessione pari all’-8,6%, che accompagna il vortice negativo del calo dei consumi di una netta caduta degli investimenti ed un il crollo del reddito disponibile delle famiglie consumatrici del  -7,2%.

Eppure è facile leggere la situazione che riguarda la nostra economia che non è stata in grado di opporre resistenza alla repentina flessione dell’export dei mezzi di trasporto, che in generale la fanno da padrone nell’economia abruzzese con il loro 19% del valore aggiunto del settore Industriale regionale contro il 5% nazionale. Una grave crisi dell’automotive, dovuta alle tante difficoltà , ma anche alla caduta di valore del ruolo della Sevel di Atessa nella  holding di Stellantis , ed è il chietino, territorio dell’Automotive,  la realtà che risente più fortemente della crisi in corso. Bisogna dire, per poi trovare i mezzi per affrontarla, che l’Abruzzo è in modalità “basso regime”, con destinazione protagonismo debole nel processo di rilancio della economia italiana e, senza un cambio di passo la strada diventa complicata. Ed allora ripartire dall’uso “buono” delle risorse del PNRR, ripensando, nel metodo e nei contenuti, lo stesso Piano presentato dalla regione Abruzzo, ma calibrando anche nuovi obiettivi ed ipotesi di programmazione territoriale e di settore per il calo della Demografia e il divario economico tra realtà territoriali (costa con Abruzzo interno). Istruzione,  Università e  Ricerca, con l’obiettivo di superare il livello minimo raggiunto nei test Invalsi. Perché c’è bisogno di  conoscenza e  formazione, erogata in grande quantità per aiutare una regione che presenta squilibri territoriali e mancanza di  capacità di crescita rispetto agli altri territori. Abbiamo subito “inerti” la fase di indebolimento del tessuto industriale, ma oggi Stellantis e subfornitori proseguono, con implacabili scelte di fuoriuscita, dal contesto regionale. Le stesse banche proseguono con l’esodo, come hanno già fatto i grandi gruppi ex pubblici ,e dei centri di gestione dei flussi finanziari e creditizi.  Uno stop, una riflessione, una messa a punto urge.

Questo scritto vuole essere la sintesi del documento più ampio che si propone nel link seguente:

Lettura storica della regione dati economici