La legge Finanziaria del 2010, per la prima volta, impose un vincolo alla spesa per il personale sanitario: ogni regione, fu deciso dal governo Berlusconi, avrebbe potuto investire al massimo la stessa somma del 2004 ridotta dell’1,4%. Una misura per contenere i costi della sanità. Un vincolo, però, che, come certifica la Corte dei conti, è stato bypassato e ad avvantaggiarsene sono state Lombardia, Veneto, Piemonte, Emilia Romagna, cioè coloro che hanno potuto garantire ugualmente il pareggio dei propri bilanci attingendo dal fondo autonomo. Il vincolo richiamato ha realizzato DUE SISTEMI SANITARI, infatti nel 2018, rispetto al 2004 (ca. 14 anni), al Nord i costi per assumere nuovi dipendenti negli ospedali sono lievitati di oltre il 23%, mentre al Mezzogiorno solo dell’8,5%. Uno scarto di quasi 15 punti che, nell’ultimo decennio, ha finito per amplificare ulteriormente il divario, spaccando il Paese e creando due sistemi sanitari. Per avere il quadro ancora più chiaro basti pensare che, nel 2017, cinque regioni del Nord (Piemonte, Lombardia, Veneto, Emilia Romagna e Toscana) per assumere nuovo personale hanno speso10 volte di più rispetto a cinque regioni del Sud (Abruzzo, Calabria, Campania, Puglia e Molise): 2,96 miliardi contro 247 milioni. Questo è potuto accadere perché mentre le Regioni del Sud finivano sotto commissariamento o dovevano rispettare il piano di rientro imposto dai ministeri della Salute e dell’Economia, l’altra metà dell’Italia poteva agire con le mani libere, grazie a meno controlli e maggiore autonomia. Le CONSEGUENZE sono state che il tetto fissato dell’1,4% non è stato rispettato, il Veneto, la Lombardia e l’Emilia hanno potuto assumere e aumentare i propri servizi, mentre in Abruzzo si chiudevano reparti, in Molise hanno dovuto richiamare i dottori in pensione. Peggio per Campania e in Calabria dove si chiudevano reparti e ospedali. Un circolo vizioso che ha prodotto mobilità passiva e viaggi della speranza dal sud verso il nord e che ha portato ulteriore ricchezza al Settentrione. È delittuoso non rilevare che “negli ultimi nove anni – rileva la Corte dei Conti nel Rapporto di finanza pubblica – la spesa per il personale non ha rispettato l’obiettivo: nel 2018 la spesa complessiva è di quasi 5,5 miliardi superiore al livello del 2004. I giudici contabili evidenziano, però, che nel 2018 «gli importi sono di oltre il 23% maggiori nelle Regioni non in piano di rientro (quelle del Nord, ndr) e dell’8,5% in quelle in piano. Sono Lombardia, Emilia Romagna e Veneto le Regioni che in questi anni hanno mantenuto livelli di spesa di dimensioni assolute maggiori, coprendo il differenziale con risorse proprie e garantendo l’equilibrio dei conti». Il cane che si morde la coda: le regioni con più risorse hanno potuto investire di più, coprendo il maggior costo grazie alle entrate generate anche dalle centinaia di migliaia di ammalati del Mezzogiorno che sono stati costretti a spostarsi in Lombardia, Veneto o Emilia Romagna per curarsi. Per avere il quadro ancora più chiaro basta dare uno sguardo alla spesa per il personale sanitario relativa al 2017:
Regione | Differenza 2004 – 2018 |
Milioni di euro | |
Lombardia | 1000,1 |
Emilia Romagna | 590 |
Veneto | 422 |
Piemonte | 410 |
Toscana | 395 |
Bene. È al Sud ? Nozze coi fichi secchi. Il Sud ha potuto investire briciole rispetto alle risorse impiegate al Nord, in alcuni casi – vedi la Campania ed il Molise- ha dovuto contrarre la propria spesa
Regione | Differenza (milioni di Euro) |
Campania | -158 |
Molise | -11 |
Abruzzo | + 85 |
Calabria | + 73 |
Puglia | + 258 |
Così, mentre Piemonte, Lombardia, Veneto, Emilia Romagna e Toscana assieme, nel 2017, hanno speso 2,96 miliardi in più rispetto al 2014 per le assunzioni, nello stesso periodo il saldo totale di Abruzzo, Calabria, Campania, Puglia e Molise è di appena 247 milioni. Il Nord ha speso 10 volte di più rispetto al Sud. La tabella esplicita la differenza degli atteggiamenti e dei comportamenti.
Regione | Popolazione | N° Dipendenti | Quota fondo sanitario (2019) |
Puglia | 4,1 milioni | 40mila | 7 miliardi e 362 milioni |
Emilia Romagna | 4,4 milioni | 55mila | 8 miliardi e 259 milioni |
Piemonte | 4,3 milioni | 50mila | 8 miliardi e 200 milioni |
Un miliardo in più a quasi parità di popolazione da assistere. Risorse umane ed economiche inferiori che contribuiscono a spaccare l’Italia, a creare un Paese che, anche in ambito sanitario, nonostante i principi fissati dalla Costituzione, corre a velocità diverse. Meno soldi da investire e meno personale, uguale meno servizi da offrire al cittadino. È la stessa Corte dei conti a sottolineare che nel Paese si sono create disuguaglianze in materia sanitaria, con buona pace della Costituzione italiana: nel Rapporto di coordinamento di finanza pubblica 2019, i magistrati contabili evidenziano che «emergono le difficoltà a garantire in tutto il Paese adeguati livelli di assistenza, soprattutto per l’insufficienza della rete di assistenza domiciliare o di strutture specifiche rivolte ad anziani e disabili, l’eccessivo numero di parti cesarei primari e livelli di prevenzione al di sotto della soglia critica».