Economia, produzione e lavoroEditoriale

Accordo o avvio della “mattanza” dei lavoratori ?

Forse le cose che emergono dalla lettura di quello che viene definito accordo del 29 giugno sullo sblocco dei licenziamenti, sembrano confuse, poco chiare ed aleatorie. Accordo, nel gergo sindacale, ha sempre assunto il significato di  intese su punti concreti.  È una novità che in un documento, così impegnativo, nella sua , parte seconda, viene recitata una “presa d’atto ”, senza chiarire di che cosa , con un’assenza allarmante degli argomenti, da parte delle parti sociali”  che auspicano una pronta e rapida riforma degli ammortizzatori sociali “sulla base di principi condivisi”. Senza mai dire o descrivere quali. Non c’è da illudersi che  il riferimento alle riforme  annunciate, siano quelle  illustrate dall’ex Ministra Catalfo alle parti sociali. Precisamente  un sistema di sostegno sociale universale, che garantisse tutti i lavoratori, dipendenti di imprese grandi e piccole, o autonomi, e i disoccupati e le disoccupate, diritti  per tutti a prestazioni uguali, fatte salve le specificità settoriali dell’agricoltura, dello spettacolo e del lavoro autonomo o  dei professionisti iscritti agli Ordini. Illusione. Infatti non è così perché la riforma degli ammortizzatori sociali non è affidata alla concertazione con le parti sociali,  ma è solo un impegno di fronte alle parti sociali, mentre la citata ed  invocata  ”pronta e rapida conclusione” non ha una data, anzi non si specifica un arco temporale. Al Ministro  Orlando che aveva già annunciata la presentazione della riforma degli ammortizzatori sociali per marzo, poi per luglio, e infine entro la fine dell’estate, cioè settembre, resta la matassa in mano, non si capisce per fare cosa. Gole profonde raccontano che al Ministero  circola un articolato, sconosciuto dalle parti sociali, ma dove alcune parti del disegno sarebbero in qualche modo adottate. Vengono vociferate  reintroduzione della Cassa integrazione per cessazione dell’attività aziendale o  l’estensione ai lavoratori interessati dell’assegno di ricollocazione con sconto contributivo ai datori che li assumano, insieme ad altri voci di contributi  ai datori che assumano questi lavoratori pari alla metà dell’importo per Cigs. Ma tutto da chiarire. Mentre non vengono definite  l’estensione della Cassa integrazione ordinaria  alle aziende commerciali con più di 50 dipendenti o  l’estensione del contratto di espansione alle aziende con almeno 50 dipendenti. Grande assente l’unificazione del tetto massimo del trattamento di integrazione salariale e  l’estensione della Cigs ai collaboratori etero- organizzati e ai lavoratori a domicilio. Altra storia per  i disoccupati e le disoccupate,  che non unificano le loro con le prestazioni di lavoratori dipendenti e collaboratori e, tralasciando coloro che hanno perso il lavoro per la pandemia, si attua la diminuzione progressiva del trattamento di disoccupazione, dal quarto al sesto mese: ma solo per chi resti disoccupato dal 2022. Una abitudine antica, si ragiona come se le persone veramente preferissero la Naspi al trovare un nuovo lavoro, secondo una visione molto spacciata da media bugiardi nelle ultime settimane. Ma la parte più deludente è il superamento di scelte che già l’esecutivo precedente aveva accolte, cioè  l’universalismo del trattamento dei lavoratori. Intanto non vengono affrontate misure per il lavoro autonomo e per quello dei professionisti iscritti agli ordini. Quindi quanto il ministro Orlando parla di riforma universalistica, nono si capisce a che cosa si riferisca vista la modestia della proposta che il governo Draghi va elaborando. Insomma, il welfare della futura legge Orlando non cavalca la scelta universale e della equità facendoci trovare di fronte ad una proposta di riforma che è una pura e semplice manutenzione. dell’esistente. In conclusione è difficile pensare che le organizzazioni sindacali prendano la strada di rinunciare anche alle proposte ed intese raggiunte con il governo precedente, eppure la forbice della povertà riguarda anche il mondo del lavoro vittima delle pratiche del “lavoro straccione” come si dice in Europa che allo scopo, ci aveva chiesto altro. E visto che lo vuole l’Europa, vediamo cosa possiamo fare a favore dei lavoratori. C’è una questione che viene sottovalutata in vista dell’impatto dello sblocco dei licenziamenti economici, perché già nel 2020 abbiamo stabilito il record di quelli disciplinari, pari a 124mila. Infatti dopo l’abolizione dell’art. 18 gli allontanamenti per giusta causa sono subito cresciuti.  Gli esteti del “riformismo” attuato con il Jobs Act  nella loro cieca adorazione hanno sostenuto che tutto avveniva in dipendenza dall’aumento dell’occupazione: più persone al lavoro, più licenziati. Quindi una situazione elementare, per i solerti sostenitori, che però non riescono a trovare argomenti sul perché nel 2020, dove il Covid ha affossato l’occupazione, ma i licenziamenti “punitivi”  sono aumentati ancora. Stesso andamento si ripete nel primo trimestre 2021. Siamo tutti avvertiti. Se vogliamo evitare la “mattanza” è necessaria una ripresa forte della Autonomia,  della Unità del Sindacato Confederale, ma anche del mondo del lavoro. Tutto.