Biblioteca dei Socialisti

Attualità del pensiero di Riccardo Lombardi.

Per apprezzare il pensiero e la prassi politica di Riccardo Lombardi, è utile rileggere la pubblicazione integrale dei suoi discorsi parlamentari e i contributi raccolti, in occasione del ventennale della sua scomparsa. Una lettura facilitata dalla mia frequentazione giovanile della sede romana della corrente della Sinistra Socialista, presidiata da Lombardi, che ne fanno emergere una qualità: la coerenza. Coerenza con una immutabile visione umana e politica di fondo: la politica, per la organizzazione di un sistema sociale migliore, doveva tendere al miglioramento “strutturale” cioè della vita reale degli esseri umani. Il voltare-gabbana, il “trasformismo“, o il “contrordine compagni” restano distanti anni luce dalla sua vita e della sua prassi politica. Qualcuno ha ipotizzato che alcune  delle ambivalenze di determinati uomini politici fossero dettate dalle condizioni politiche internazionali: gli stretti rapporti con gli USA della DC e dei suoi alleati storici (PSDI e PRI) da una parte e a quelli con l’URSS del Partito Comunista Italiano e, almeno fino al 1956, del Partito Socialista Italiano dall’altra. Sbagliato, penso, perché Riccardo Lombardi era un “ricercatore eretico”. Infatti cresciuto in ambiente cattolico perse la fede, forse già leggera leggendo, studiando e “pensando”;  incontrato il marxismo ed il comunismo ne entrò dentro per capire, conoscere, ma non tutto quello che  vide gli piacque, anzi. Di fronte ad entrambe queste due “Chiese”, resto eternamente legato al “rifiuto senza odio”, senza cioè diventare né “rozzamente”  anti-clericale,  né  cadendo  in quell’anti-comunismo in cui finirono molti eminenti esponenti del Partito Socialista, in primis Saragat che per questo si ritrovò dritto dritto, separandosi dal PSI e fondando il PSDI, nelle braccia dell’imperialismo americano. Lombardi, pur accettando l’adesione dell’Italia al Patto Atlantico, che comunque riteneva un errore, auspicava la neutralità, “rifugio degli uomini liberi oppressi dagli opposti dogmatismi”. Una Utopia ? Certamente per l’epoca lo era, ma a noi piace più chiamarla “preveggenza”. Conoscere e rifiutare per trasformare, senza negare o annullare nulla della Storia e della realtà: questo è forse il suo lascito più ricco, quello per il quale, ancora oggi, il mondo politico può e deve fare riferimento alla sua vita ed al suo pensiero. Scrive di  lui Giorgio Ruffolo: viveva il presente come storia […].  capire ciò che stava nascendo. Di qui la sua curiosità vorace per tutto ciò che si scriveva ( leggeva smisuratamente, le sue letture le andava scovando, come un segugio)   e che aveva a che fare con le cose che si muovono, che si trasformano, che  mutano. Di qui la sua naturale incapacità di chiudersi in una corazza ideologica o teologica. La sua inquietudine.
La sua criticità.  Il suo acuto desiderio di smascherare.  E quel che può venire dopo  […] uno strano fenomeno di utopista pragmatico “, atipico rispetto a nomi, Lelio Basso, Pietro Ingrao, Bruno Trentin, Vittorio Foa e Lucio Magri, che indagavano sulla possibilità di attraversare il presente. Riccardo Lombardi anche grazie a un’esperienza di sostegno al governo, assume l’idea della realizzazione di un processo rivoluzionario, senza  un assalto al Palazzo d’Inverno, ma come graduale, seppur non meno radicale, trasformazione della società.
Vale per quell’ispirazione la  metafora che usava proprio Riccardo Lombardi: cambiare il motore con la macchina in movimento.
Laddove la macchina era il capitalismo e la sostituzione del motore la fuoriuscita da esso. Un ulteriore testimonianza, raccontata in diverse occasioni da  Massimo Fagioli era sul Lombardi Prefetto di Milano, quando affermò la necessità di  procedere alla riduzione dell’orario di lavoro, per permettere agli operai non soltanto di mangiare e  bere, ma anche di avere tempo per l’amore.  Non  si erano mai sentite cose del genere! Lombardi le diceva.  Cioè, per quel che poteva, guardava non soltanto al riscatto economico delle masse diseredate e fisicamente sofferenti, ma anche a quella che poteva essere l’esigenza di una realtà umana di avere del tempo libero per riuscire a fare una ricerca, dei rapporti interumani possibili, non sempre sotto l’assillo di dover lavorare otto ore al giorno. Lombardi si ribellava ad una realtà che, a quei tempi, si considerava ineluttabile e il suo rifiuto esplicitato nel suo essere acomunista aveva lo stesso valore di un rifiuto alla deriva di destra del PSI,  che doveva poi diventare quella di Craxi, crollato  completamente nel 1990-91 con Tangentopoli.  Nel frattempo Lombardi elaborava strane formule come radicale> o addirittura <riformismo rivoluzionario > a rimettere insieme due parole che  non stanno insieme. I riformisti sono quelli che rifiutano la rivoluzione, e quelli che fanno la rivoluzione rifiutano il riformismo. Il tentativo riguardava la ricerca dello stare in mezzo a due macigni: Togliatti e il Partito comunista  e, dall’altra parte, Saragat e un riformismo che era soltanto una parola e niente altro Lombardi riuscì a mantenere un’identità di ricerca in cui ha fatto quello che ha fatto, in cui magari molto a fondo non è andato, è rimasto al livello politico di una proposizione utopica di riformismo rivoluzionario, di libertarismo, di questo ideale di dare la libertà alle donne e di riuscire a ottenere l’uguaglianza senza rivoluzione. Un discorso molto difficile, a quei  tempi, uguaglianza senza fare la rivoluzione armata, e infatti non fu molto seguito. Forse i tempi erano più complessi, ma oggi di fronte alle politiche internazionali in nome della cosiddetta “austerity” non sono forse necessarie politiche radicali di cambiamento, nell’uso della finanza, in grado di arricchire i ricchi a scapito della classi meno abbienti ?  Quel metodo, quella idea da “ricercatore eretico”,  forse oggi sono più che attuali. Potrebbe succedere che il seme lombardiano possa dare, a distanza di tempo, frutti buoni ridonando ad una sinistra italiana ed Europea, la voglia della  chiamata delle masse al “riformismo rivoluzionario”, per un forte cambiamento delle strutture di decisione economica e politica. Per noi la sintesi è data dalla realizzazione dell’Europa dei popoli.