Autonomia DifferenziataEditoriale

AUTONOMIA  DIFFERENZIATA. Ne parla solo chi vuole mantenere lo “scippo” contro il SUD.

È il grande assente nel dibattito elettorale, ma è, senza meno il tema dei temi. A Pontida il Presidente Zaia lo ha agitato, facendo capire a Salvini, che, il non raggiungimento dell’obiettivo della Autonomia, è una sua grave responsabilità. Una discussione sottotraccia, ed infatti nella nostra regione nemmeno se ne parla, eppure questo tema è continuamente agitato dalle élite dei gruppi dirigenti del Nord, partiti di destra, imprenditori e governatori del nord. Perennemente messo all’ordine del giorno dei governi, tra tutti quelli succedutisi, dopo l’approvazione della  legge delega sul federalismo fiscale (42/2009), che non contenendo norme direttamente attuative, rinvia ad altri provvedimenti la sua piena attuazione. Quindi un processo di “cambiamento” degli assetti istituzionali e di potere del paese, aperto dal Governo Berlusconi, che pur non avendo progressi, ha prodotto come risultato un ingente spostamento di risorse dal Sud verso il Nord. Uno “scippo” perpetrato negli anni grazie alla cosiddetta “SPESA STORICA”,  che penalizza, in generale, il Mezzogiorno e il Centro Italia. In una recente verifica pubblicata su di  un report elaborato dalla fondazione “Openpolis”, a distanza di 13 anni dalla introduzione di questo meccanismo di calcolo (legge Calderoli) che ha messo in funzione il federalismo fiscale, gli effetti sono devastanti. La legge indicò nella Spesa Storica, il meccanismo di transizione, in attesa della istituzione Lep, Livelli Essenziali Prestazioni introdotti dalla riforma del titolo V della Costituzione. Ma la transizione, come è tipico nel nostro paese, è divenuta norma, per cui  il calcolo dei fabbisogni standard dei Comuni che altro non fa che ricalcare la vecchia spesa storica, mettendo in ginocchio i Comuni del Mezzogiorno che riceve ogni anno molti milioni in meno rispetto ai loro reali bisogni. A differenza di altre grandi città, quasi tutte del Nord, che invece ricevono più di quanto avrebbero bisogno. Queste città hanno una spesa storica superiore alla spesa standard, significa che ricevono più soldi rispetto ai reali bisogni. Il risultato, ovviamente, è che nel corso degli anni alcune città hanno potuto investire di più nei servizi, ad esempio nei bus per il trasporto pubblico, aumentando la qualità. Non aver definito i livelli essenziali di prestazione delle funzioni fondamentali è stata una grave mancanza del legislatore. Una lacuna che ha impedito di elaborare un sistema di finanziamento basato sulla reale necessità di servizi sul territorio. Definire i Lep avrebbe, infatti, permesso di determinare quali comuni non riescono a garantirli e indirizzare le risorse nei territori più svantaggiati. Di fronte a questa situazione il precedente Governo Conte, predispose  norme per la individuazione di parametri di ricompensazione, capaci di riequilibrare la spesa pubblica italiana nei comparti dei servizi, cioè dalla Istruzione alla sanità. Purtroppo tutto sospeso con l’ingresso sul campo del governo dei “migliori”, anzi l’iniziativa portata avanti dalla signora Ministro degli Affari Regionali Mariastella Gelmini, non solo non ha affrontato i temi della perequazione, ma ha anche aperto interrogativi inquietanti sul tema della “autonomia differenziata”. Infatti il Ministro, senza fornire o prestarsi ad interlocuzioni, risposte o chiarimenti, ha deciso di procedere per la normazione della Autonomia. Solo la crisi di Governo ha “bloccate” le operazioni in corso. Ma su che cosa, in questa ultima fase il governo Draghi, ha consentito alla signora MS. Gelmini, di aprire una procedura realizzativa dei principi della Autonomia è tutta da scoprire? Sappiamo che il Ministro era  munita del solo parere positivo  delle regioni del Nord, quindi del tutto insufficiente per procedere, ma la cosa allarmante è che la stessa ha anche evitato di dare concretezza e procedure per il riequilibrio del sistema di ripartizione dei finanziamenti attualmente in vigore, che oggi è tutto a sfavore dei cittadini del Sud. Naturalmente i governatori del nord con in testa Zaia,  Fontana, Bonaccini, gongolano, tutti uniti per conservare ed accaparrarsi materie e risorse che un Stato accorto dovrebbe mantenere a se’ per preservare un minimo di coesione nazionale e mantenere intatti i valori e i principi della carta Costituzionale, tipo l’equa ridistribuzione delle risorse, pari opportunità nell’accesso ai servizi ecc. Tutto ciò si sta consumando e perpetrando, nella totale indifferenza e nel silenzio generale.  Capitolo Abruzzo. Superando il dibattito sulla esistenza di forti  “DUBBI DI COSTITUZIONALITÀ”,  ed assodato il concetto su quanto sia già ingiusta “LA REDISTRIBUZIONE DELLE RISORSE A SCAPITO DEL CENTRO E DEL MEZZOGIORNO” facciamo un chiarimento su criteri e metodi che portano alla  DETERMINAZIONE DEI FABBISOGNI. Premesso che il Governatore Zaia non ha nessun diritto di parlare “nome del popolo” visto che nessuno ha chiesto agli abruzzesi una opinione sull’argomento c’è l’obbligo di dimostrare che non sono fondate le denunce avanzate dal Dott. Ronci, alle quali aggiungo le mie e quelle documentate dall’Istituto Svimez, anche sugli effetti sulle modalità di finanziamento, sull’andamento della spesa e sullo stato della Istruzione e della sanità in Abruzzo. Superando i seri “DUBBI DI COSTITUZIONALITÀ” avanzati dallo stesso  Dipartimento per gli affari giuridici e legislativi di Palazzo Chigi su alcune materie elencate nell’art. 117 della Costituzione è la possibilità di passarle direttamente alle Regioni, cioè  la finanza pubblica e sistema tributario,  le grandi opere di trasporto e   navigazione e l’energia, possiamo arrivare al punto centrale della questione. La ricerca fa riferimento, con una accettabile approssimazione, alla spesa media nazionale pro-capite, tenuto conto della inesistenza di criteri e parametri per il calcolo della spesa per i fabbisogni standard.  Stesse considerazioni vengono fatte da diversi altri economisti,  che considerano l’analisi fatta con riferimento alla spesa media pro-capite storica. Una tesi avvalorata dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri che ha previsto, decorsi tre anni, qualora non siano stati adottati i fabbisogni standard, le risorse da assegnare vengono determinate sulla base del valore medio nazionale pro-capite. Con tale metodologia: – per  la spesa sanitaria vengono integrate le risorse della Lombardia, del Veneto, dell’Emilia-Romagna e del Lazio, mentre vengono decurtate le risorse di tutte le altre regioni del Centro e del Mezzogiorno. L’Abruzzo subisce una decurtazione di 252 milioni di euro; – per l’Istruzione vengono integrate le risorse della Lombardia, del Veneto, dell’Emilia-Romagna e anche quelle della Liguria e del Piemonte. Vengono decurtate le risorse di tutte le altre regioni del Centro e del Mezzogiorno.  L’Abruzzo subisce una decurtazione di 142 milioni di euro. Nel totale,  ogni anno, cumuliamo  una decurtazione di ben 394 milioni di euro. Perfino il Dipartimento per gli affari giuridici e legislativi di Palazzo Chigi sostiene che «un tal modo di procedere implicherebbe un ingiustificato spostamento di risorse verso le regioni che hanno richiesto l’autonomia differenziata, con conseguente deprivazione delle altre». Il punto è che in questa fase elettorale, cercare la quantificazione dei fabbisogni standard implica scelte politiche in grado di riconoscere la nefandezza dello “scippo” perpetrato a danno del Sud. Le altre regioni devono elevare il tono della voce per affermare che la Commissione paritetica Stato-Regioni, è del tutto insufficiente per definire una partita così delicata, ma è necessario garantire il ruolo del Parlamento assicurando, in tutte le fasi procedurali per la concessione di maggiori autonomie, un adeguato coinvolgimento dell’organo parlamentare.  In conclusione nessuna fuga dei gruppo dirigenti del Mezzogiorno, dalla responsabilità del lavoro e della efficienza, a favore delle proprie collettività. Questo, anche in Abruzzo, significa dire un NO secco al perpetuarsi del divario dei cittadini tra serie A e serie B, producendo sistemi pubblici e  sanitari diversi, quando non privatizzati, come sta avvenendo in Abruzzo. Attendiamo che il centro destra abruzzese, governi, e non assista inerte al tentativo di misfatto compiuto dal governo Draghi. Le parole della Lega sono un allarme per l’Abruzzo che assiste alle finte sulla cannabis, mentre la ciccia corre verso il Nord, nella ripartizione della Spesa Storica, ma insieme al PNRR, che prevede, nei settori governati dai Ministri leghisti risorse inferiori per il sud. Ecco perché il problema era Conte. Da mandare via subito. Pensate che aveva previsto un Piano per il Sud, con la crescita di risorse a favore.  Ma è tutta la destra abruzzese, che ci offre la candidata Giorgia Meloni su tutte le Piazze ed in tutte le salse, che deve chiedere all’aspirante leader della destra  di rinunciare al tema pesantemente presente nel programma della coalizione di destra: L’Autonomia Differenziata. Se non lo ha fatto è grave. Gli abruzzesi hanno il dovere il 25 e 26 Settembre di punire coloro che fanno finta di niente di fronte ad uno “scippo” permanente di risorse a favore del NORD. Ogni anno centinaia di milioni di Euro  che dovrebbero essere utilizzati per il sostegno ai servizi legati al sociale, Istruzione e Sanità, vengono trasferiti a favore delle regioni più ricche. Anche per gli abruzzesi diventa chiaro perchè il Presidente Conte doveva essere mandato a casa. Con la sua decisione di predisporre  norme per la individuazione di parametri di ricompensazione per riequilibrare la spesa pubblica italiana nei comparti dei servizi, cioè dalla Istruzione alla sanità a favore, anche dell’Abruzzo, era diventato pericoloso per gli interessi dei governi di  destra delle regioni del Nord.