Editoriale

Berlusconi tema etico o non è statista ?

Dopo la discesa in campo del cavaliere c’è stato un disarcionamento dovuto al reato di Evasione Fiscale. Per cui, in virtù della condanna diventerà ex cavaliere, per poi diventare anche ex senatore, con  voto “espulsivo” del Senato. Ma non mi piacerebbe l’uso di questo argomento per dire No o SI  alla sua candidatura a Presidente della Repubblica. Nessun richiamo al dovere , all’onore o alla dignità, ma verifica sul concreto. cioè se sono stati prodotti i risultati promessi a favore delle fortune del popolo italiano. La  domanda poco retorica cerca di togliere le incrostazioni “moralistiche” per sottoporre tutti/e alla necessaria verifica sulla attendibilità e funzionalità di una così autorevole candidatura a Presidente della Repubblica. In aggiunta si dovrà effettuare una valutazione sul suo operato, a prescindere dalle vicende scandalistiche che lo vedono coinvolto in relazioni con la nipote minorenne di Mubarak, le olgettine protagoniste delle cene eleganti o , addirittura in relazioni con rappresentanti mafiosi. Il nostro intento deve essere quello di verificarne l’attendibilità come candidato alla direzione etica, morale ed istituzionale del paese.  Iniziamo dalla  XIV Legislatura con Berlusconi-II Presidente del Consiglio dal giorno 11 giugno 2001 al  22 aprile 2005, con le sue dimissioni, per poi riprendere la guida del governo con il Berlusconi-III  dal 23 aprile 2005 al 16 maggio 2006. Senza la necessità di giungere ai tempi del più recente, per descrivere il disastro economico propinatoci  nel periodo del  Governo Berlusconi III in carica dal 23 aprile 2005 al 17 maggio 2006 e poi, dopo un breve intervallo, con il Governo Berlusconi IV  in carica dal 8 maggio 2008 al 16 novembre 2011, analizziamo la sua prima fase di governo limitandoci  all’esame dei suoi primi  4 anni: 2002, 2003, 2004, 2005. È  opportuno non considerare il 2001 in virtù del fatto che il Governo iniziò ad operare ad anno già avviato e, quindi le misure attuate appartenevano alle scelte fondamentali del Governo Amato con la Legge Finanziaria dell’anno precedente.  Ma è doveroso esprimersi sulla qualità della capacità di governo sulla base dei documenti ufficiali e non per pregiudiziali. Molto utili, per farlo, è l’utilizzo dei dati contenuti nei  Documenti di Programmazione Economico Finanziaria (D.P.E.F.) presentati annualmente dal Governo.  Da notare che le  stime di ogni anno sono effettuate nel luglio dell’anno precedente, per avere dati  in grado di stabilire stime “presunte” attendibili e precise delle proiezioni economiche del Governo.

Attraverso questa lettura possiamo rilevare i dati macroeconomici da analizzare:

  • Crescita del P.I.L.= Prodotto Interno Lordo e cioè il valore dei beni e servizi finali prodotti nel corso di un anno. Maggiore è il tasso di crescita migliore è la situazione economica del Paese;
  • Rapporto deficit/PIL= Frazione annuale tra numeratore che consiste nella la differenza tra le entrate e le uscite dello Stato, e un denominatore che è il Pil. Il rapporto deficit/Pil  si riduce  con la discesa della differenza tra uscite e entrate oppure con la crescita del Pil. Il tetto stabilito dal Trattato di Maastricht è del -3%.;
  • Rapporto debito/PIL=  Se si  vuole ridurre il rapporto bisogna che il PIL cresca più del debito;
  • Tasso di inflazione =  Un indicatore fondamentale perché il livello dei prezzi condiziona il potere di acquisto delle famiglie, l’andamento generale dell’economia, l’orientamento delle politiche monetarie delle banche centrali;
  • Tasso di disoccupazione = rapporto percentuale tra il numero di persone occupate e la popolazione.

In sintesi nell’anno 2002 la crescita prevista dal governo era uno scintillante + 3,1 % , ma il risultato è pari ad un misero +0,3 %. Non vanno meglio gli anni successivi, infatti nel 2003 e nel 2004, i risultati sono pari a 0 (zero).  Ma è il rapporto deficit/PIL che sale da 2,9 % (inferiore al Tetto del -35) al – 4,1%, a contrassegnare la storica inaffidabilità della proposta economica dei Governi Berlusconi.                                                                                                                                                                          Con la proposta di DPEF contraddistinti dalla descrizione  un utopico rientro, nei parametri  nelle stime per poi razzolare male nel governo concreto.

2002
stime Governo risultati effettivi
crescita pil +3,1% +0,3% (1)
rapporto deficit/pil -0,5% -2,9% (1)
rapporto debito/pil (*) 108,3% (2)
tasso di inflazione +1,7% +2,5% (3)
tasso di disoccupazione 9,5% 9,0% (4)
Stime: DPEF 16/07/2001.(*)nel DPEF non ci sono stime sul rapporto debito/PIL
 2003
 Stime: DPEF 05/07/2002. stime Governo risultati effettivi
crescita pil +2,9% 0,0% (1)
rapporto deficit/pil -0,8% -3,4% (1)
rapporto debito/pil 104,5% 106,8% (2)
tasso di inflazione +1,4% +2,7% (3)
tasso di disoccupazione 8,5% 8,4 (4)
 2004
 Stime: DPEF 16/07/2003. stime Governo risultati effettivi
crescita pil +2,0% +1,1% (1)
rapporto deficit/pil -1,8% -3,4% (1)
rapporto debito/pil 104,2% 106,6% (2)
tasso di inflazione +1,7% +2,2% (3)
tasso di disoccupazione 8,5% 8,0% (4)
 2005
 Stime: DPEF 29/07/2004. stime Governo risultati effettivi
crescita pil +2,1% 0,0% (1)
rapporto deficit/pil -2,9% -4,1% (1)
rapporto debito/pil 106% 108% (5)
tasso di inflazione +1,6% +1,9% (3)
tasso di disoccupazione 8,2% 7,7% (4b)

Da notare che il rapporto debito/PIL non viene nemmeno indicato nel DPEF 2001, mentre negli anni successivi le stime sono sempre inferiori, almeno dello 2%, rispetto a quanto realmente accaduto.

I dati in Tabella sono quelli ufficiali cioè :  

– pubblicati  dall’Istat il giorno 1 marzo 2006; –  tratti dal “Quaderno strutturale dell’economia italiana” Giugno 2005, pubblicazione del MEF; – tratti dalla Relazione Annuale del Governatore della Banca d’Italia 2003 e 2005.

Certificata la scarsa efficacia del primo Berlusconi statista , possiamo aggiungere una descrizione della sua poco brillante esperienza in un  governo più recente.

Facciamolo  ricordando che Il governo Berlusconi IV è stato il sessantesimo esecutivo della Repubblica Italiana, il primo della XVI legislatura.

Rimasto in carica dall’8 maggio 2008 al 16 novembre 2011, per un totale di 1 287 giorni, ovvero 3 anni, 6 mesi e 8 giorni. È stato il secondo governo più longevo della storia della Repubblica Italiana, preceduto dal governo Berlusconi II.

Nonostante l’ostinata insistenza sulla teoria del “golpe” europeo perpetrato a sfavore di Berlusconi resta il fatto che la maggioranza che lo sosteneva andò in minoranza ,  alla Camera dei deputati,  su un voto sul rendiconto generale dello Stato. Berlusconi  l’8 novembre 2011 diede le dimissioni con infinita reticenza.

Un passaggio drammatico della storia italiana, per alcuni, a torto, una forzatura costituzionale del Colle: la fine del governo Berlusconi.

Resta il fatto che l’esecutivo guidato dal Cavaliere prende  308 voti alla Camera (su una maggioranza richiesta di 316) sul Rendiconto generale dello Stato, voto che arriva  con lo spread a quota 575, con i mercati in subbuglio, la speculazione finanziaria alle porte di casa. Nessun effetto esercita la lettera-ultimatum della Bce del 5 agosto precedente, in cui si chiede all’Italia un cambio drastico di rotta per poter aprire l’ombrello salva-Btp. Berlusconi appare un “pesciolino” fuori acqua.

L’inconsistenza, e quindi la fase di disorientamento del Cavaliere , si manifesta quando NAPOLITANO verga, di suo pugno,  queste parole : Di fronte alla pressione dei mercati finanziari sui titoli del debito pubblico italiano, che ha oggi toccato livelli allarmanti, nella mia qualità di Capo dello Stato tengo a chiarire quanto segue, al fine di fugare ogni equivoco o incomprensione: non esiste alcuna incertezza sulla scelta del Presidente del Consiglio on. Silvio Berlusconi di rassegnare le dimissioni del governo da lui presieduto. Tale decisione diverrà operativa con l’approvazione in Parlamento della legge di stabilità per il 2012’’.

Incredibilmente viene ricordato ad un Presidente del Consiglio i suoi doveri parlamentari, con un comunicato, perché la situazione del paese è tale che ogni azione sembra giustificata. Altro che “golpe”,  ma modifica del sistema di relazione tra Presidente della Repubblica e contesto istituzionale. Questa conclusione di una stagione di governo incerto e debole, che stava mettendo il paese dentro una crisi dell’eurozona di natura pandemica, apre il capitolo della profonda “trasformazione” del ruolo del Presidente, in una repubblica democratica e costituzionale, che nelle due successive elezioni presidenziali riconferma il Presidente uscente. Vale a dire che la crisi della politica nel nostro Paese è talmente forte, da non potere più sopportare le “serpentine” mediatiche dell’ex Cavaliere, e quindi cerca la soluzione peggiore: un presidenzialimo scaccia pensieri.

Sia la rielezione di Giorgio Napolitano, che quella più recente di Sergio Mattarella alla carica di presidente della Repubblica aprono una serie di interrogativi sullo stato di salute della nostra Democrazia. Emerge, su tutto, la profonda crisi del sistema politico-partitico, polverizzato e inadeguato ad affrontare le importanti sfide che ci aspettano. Ciò che assume maggior rilevanza è il rischio di una trasformazione di fatto dell’attuale forma di governo parlamentare con la correlata accentuazione dei poteri del capo dello Stato, che, però, nel nostro ordinamento non ha alcuna responsabilità politica. A ciò si aggiunga la pericolosa compressione del ruolo della rappresentanza politica e del Parlamento. In tale contesto, il raccordo governo-parlamento sembra essere sostituito da quello governo-presidente della Repubblica, che nel suo messaggio di insediamento alle Camere pare aver delineato un vero e proprio indirizzo politico presidenziale, difficilmente accettabile in una forma di governo parlamentare come quella attualmente delineata dalla Costituzione.

Questa situazione è stata determinata dalla durezza, durante il governo Berlusconi, delle fermissime richieste europee al governo italiano, contenuta nella lettera vergata da Draghi e da Jean Claude Trichet, presidente della Bce, indirizzata all’esecutivo Berlusconi, con la quale di fatto si annunciava, in mancanza di fatti concreti, la possibile sospensione del programma di riacquisto di Bot e Btp da parte della banca centrale di Francoforte.

Quindi mentre Berlusconi “tentenna” il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, fa il decisionista traendone le inevitabili conseguenze.

Berlusconi, esce di scena perché sconfitto in primo luogo dalle crepe dalla sua maggioranza e dalle inchieste che lo coinvolgevano, ma anche per non aver saputo affrontare, lui come tanti altri, l’emergenza dell’indebitamento. Una valanga più fragorosa dei sospettati sorrisini, degli altri leader europei, ed arriva Monti, con il suo programma che non può non ripartire dai suggerimenti della già citata lettera del duo Draghi Trichet. Questo punto viene indicato, per sostenere il Governo Monti, come essenziale dallo stesso Berlusconi e dall’astro nascente Ministra Giorgia Meloni.

Ma in conclusione, venendo al punto iniziale, contenuto nella domanda se il Berlusconi, possegga o meno, le carte in regola per essere Presidente della Repubblica. La risposta è facile, perché anche superando le sue vicende penali, di comportamenti etici, di rigore nell’esercizio della sua funzione e di specchiata moralità non ha presentato, nelle complesse vicende, che hanno riguardato la vita politica ed economica del paese, la dovuta competenza e lucidità nella scelta dell’azione da mettere in atto.  Il paese ha bisogno di altro, perché viviamo ancora in quella emergenza, con l’aggravante che ad essa si accompagna anche quella sanitaria. Poi perché porsi il problema in un paese che offre figure politiche, storiche e scientifiche di valore internazionale è tutto da capire.