Economia, produzione e lavoro

Parlare di un Abruzzo, piccola Svizzera, non aiuta l’inversione di una economia ”in debacle”.

Ovviamente leggo dati, statistiche ed analisi tratte da fonti troppo diverse da quelle consultate dai consulenti della Banca d’Italia quanto si esprimono sul quadro congiunturale in Abruzzo (anno  2021) . Il quadro congiunturale a diversi economisti, in coro con Bankitalia, è in via di netto miglioramento e, il tutto, mentre l’Istat ci offre dati negativi sull’andamento della economia abruzzese. Ma se Bankitalia osanna i risultati ottenuti grazie ai  progressi nella campagna di vaccinazione e all’allentamento delle misure di contrasto alla pandemia, non ci resta che aspettare che verrà detto, o scritto, da Bankitalia dopo gli esiti di questa “quarta” ondata, nonostante che il nostro Paese (l’Abruzzo con esso) abbia la più percentuale di vaccinati. Però se leggi con attenzione l’aggiornamento congiunturale della Banca d’Italia sull’economia dell’Abruzzo, è frutto del sondaggio della Banca d’Italia, condotto tra fine settembre e inizio ottobre su un esiguo campione di imprese manifatturiere abruzzesi. Piccolo campione e  magari selezionato male, se mostra una “diffusa ripresa delle vendite nel complesso dei primi nove mesi dell’anno, con aspettative di un ulteriore incremento nel semestre successivo, cioè il contrario di quanto avvenuto nel III ° rilevamento trimestrale sull’export abruzzese dall’Istat. Dati che abbiamo già illustrati sul nostro numero di Focus del 21 Dicembre 2012, non un secolo fa, con una riflessione su: L’EXPORT IN ABRUZZO NEL III TRIMESTRE 2021 . Una riflessione che prende base dal Report (allegato) elaborato dal ricercatore Dott. Aldo Ronci da dove è possibile ricavare i motivi che hanno esercitata la loro influenza sullo stato economico abruzzese. Dalle  difficoltà di “approvvigionamento di input” produttivi, come afferma nella introduzione all’aggiornamento, la stessa Bankitalia, insieme alla conferma dei programmi di investimento, che già  all’inizio del 2021 indicavano un recupero dell’accumulazione di capitale. Però l’analisi di Bankitalia trascura che nell’industria, in particolare, non sono rilevabili i risultati lievemente migliori della media  per le imprese esportatrici. Imprese che secondo i dati del Report del Dott. Aldo Ronci, elaborato per conto della CNA, non hanno beneficiato, come cerca di affermare Bankitalia,  della robusta ripresa della domanda proveniente sia dai paesi dell’Unione europea sia dall’area extra Ue. Tanto meno le vendite all’estero, che nel terzo trimestre 2021 non sono state trainate dal solito comparto dei mezzi di trasporto, che solo nel primo e secondo trimestre 20121 si sono collocate al di sopra dei livelli registrati prima della pandemia, mentre nel terzo abbiamo assistito ad una vera e propria “debacle” economica dell’Abruzzo. Un racconto illustrato con rudezza ricavato dai “terrestri” dati Istat , più recenti, che presentano in valori percentuali questa debacle dell’export abruzzese. Contrariamente rispetto a quanto rilevato da Bankitalia il nostro export pur registrando un incremento pari al 13,2%, presentano un dato inferiore a quello nazionale pari al 20,1% nazionale. L’Abruzzo, che nel I trimestre 2021 si era posizionato all’avanguardia tra le regioni italiane, nel III° trimestre subisce una vera e propria retrocessione economica dovuta alla pesante flessione (-11,7% a fronte del +13,2% italiano)  causata dal crollo dell’ automotive. Nel settore delle costruzioni, Bankitalia rileva che, “le ore lavorate hanno mostrato un significativo recupero, superando mediamente i livelli registrati nel 2019. Lettura troppo rapida e superficiale, visto che i numeri “ufficiali” e decontestualizzati, parlano di un ventennio dove la flessione del Valore Aggiunto nelle costruzioni in Abruzzo è stato il doppio rispetto a quella italiana (Abruzzo -43,9% la metà dell’Italia -22,5%). Sul lavoro, sempre Bankitalia, parla di un livello  “migliorato”, in particolare nel secondo trimestre 2021, anche se ancora ampio il ricorso agli “strumenti di integrazione salariale”. “Secondo i dati delle comunicazioni obbligatorie del Ministero del Lavoro e delle politiche sociali, in Abruzzo l’andamento delle attivazioni nette di posizioni lavorative alle dipendenze è migliorato nel corso del 2021, a seguito del progressivo allentamento delle restrizioni legate alla pandemia. Ad agosto – si legge ancora – il saldo tra assunzioni e cessazioni da inizio anno era pari a circa 28.000 unità, a fronte delle poco più di 16.000 dello stesso periodo del 2020 e delle 22.000 del 2019”. Ancora una volta Bankitalia provoca uno “stropicciamento” degli occhi con il suo sorvolare sul fatto che la creazione di nuove posizioni lavorative  ha riguardato soprattutto la crescita dei contratti di lavoro a tempo determinato, in particolare nel comparto dei servizi. Niente viene rilevato sulla circostanza che le attivazioni nette con contratti a tempo indeterminato hanno evidenziato valori contenuti rispetto a quelli pre pandemia, visto che si evidenzia una debole dinamica delle nuove assunzioni. Quindi si sta affermando un processo “chiaro” di trasformazione dei rapporti di lavoro a tempo indeterminato in lavoro a tempo indeterminato, ad orario ridotto e di “precarizzazione” degli stessi rapporti. In conclusione, sono le letture dell’Abruzzo come “Piccola Svizzera” a fare male e, soprattutto, a non spingere verso una reazione da parte del tessuto sociale, produttivo ed economico, ma anche e soprattutto della rappresentanza politica ed istituzionale che, nonostante le occasioni, messe in campo anche dalle risorse nazionali ed europee, assiste inerte evitando di mettere in campo le capacità imprenditoriali presenti nella nostra regione. Se qualcuno pensa che il Piano presentato dalla Giunta Regionale abruzzese, incentrato su progetti (o marchette locali), rintracciati nei depositi e nei cassetti dell’Amministrazione regionale, per accedere ai finanziamenti previsti dal  PNR, serva a qualcosa ha sbagliato indirizzo. Ci vuole ben altro ed è bene che il mondo dei “produttori” si dia una risvegliata. Siamo sempre la regione che ha perso tutte le sedi, le capacità progettuali, di risorse tecniche e finanziarie, oltre che di intelligenza sul territorio , con l’esodo dei grandi gruppi ex pubblici e delle direzioni bancarie e finanziarie. Esodo che continua nel bancario, con gravi ripercussioni sulla capacità di finanziamento alle attività, ma sarebbe grave non partecipare alla grande occasione data dalle risorse del PNR. Eppure la situazione, comprese le letture edulcorate sulla situazione economica abruzzese, fanno pensare ad un popolo abruzzese candidato ad essere un futuro pagatore del “debito” comune, senza averne tratto nessun frutto.