Economia, produzione e lavoro

L’Export abruzzese non brilla. I dati dicono che c’è decrescita.

“Export, finita la grande rincorsa adesso i dati tornano in flessione”  è il titolo che campeggia sul Messaggero in cronaca d’Abruzzo. All’interno dell’articolo leggiamo che  nel confronto tra Trimestri si evidenzia una crescita costante dell’ammontare degli incrementi. Quindi possiamo dire che abbiamo scacciata la grande paura ? No, per carità allontaniamo da noi  il pensiero che stiamo diventando il nuovo Eldorado, o il sempre eterno Settentrione del mezzogiorno. Non è vero che va tutto bene. Anzi ci sono argomenti che non devono essere trascurati che, al contrario richiedono un prolungamento della “chiamata” alle armi dell’attenzione al sistema economico e produttivo abruzzese. L’avere recuperato “parzialmente” rispetto ai dati pre Covid ci chiede di appuntare l’attenzione su quella che era già  la reale situazione in quel momento. Senza infliggerci la punizione di offrirci troppi numeri, basta  notare il contrasto tra l’annotare che nel I° trimestre  l’incremento era risultato pari a 43 volte quello italiano, mentre il II° trimestre è   inferiore a quello nazionale  di ben 26 punti percentuali. Ancora di più l’incremento dell’export degli altri prodotti, escluso quello del trasporto, che è  da attribuire per la gran parte al sistema produttivo delle aziende abruzzesi, è stato anch’esso inferiore a quello nazionale con uno spread  di 15 punti percentuali. Naturalmente  essendo il sistema produttivo abruzzese  composto per la gran parte da micro imprese, emergono problemi di carattere strutturale accompagnati da una scarsa propensione all’innovazione la quale, al contrario, per evitare le cadute “continue” ha bisogno di risorse da destinare  al miglioramento della competitività. Era quindi attesa una valutazione “attenta” rispetto a numeri che non attestano una ripresa da mosca cocchiera o una Pescara da “capitale” finanziaria. (Per inciso girare per la città è come ingoiare una pillola con effetto “depressivo”, per lo meno è questo l’effetto che si riceve da una città che mostra un degrado evidente delle attività).  Ma tornando a noi e facendo anche attenzione alle documentazioni di natura economica e bancaria in circolazione, come quelle fornite da Intesa Sanpaolo con la pubblicazione  del monitor dei distretti industriali dell’Abruzzo che fotograferebbe  una situazione in miglioramento rispetto al pre-Covid, però omettendo che siamo ancora al di sotto del 5,8% rispetto al primo semestre 2019. Da notare che Intesa assume  impegni per le attività abruzzesi,  con uno sguardo al PNRR e agli indirizzi da prendere per sostenere una “necessaria transizione ecologica e tecnologica”.  A forza di metterla in positivo  gli studiosi di economia, i decisori politici e coloro che operano nella economia già parlano  della “luce in fondo al tunnel” scambiando un timido rimbalzo dopo la batosta dato da  numeri  addirittura inferiori alla situazione precedente. Se però con pazienza andiamo a vedere cosa è accaduto, nel sistema bancario e finanziario abruzzese, nell’anno 2020, in attesa della prossima lettura dell’anno in corso., scopriamo che quanto abbiamo pubblicato le nostre considerazioni, sul  Report “ IL CREDITO BANCARIO IN ABRUZZO NEL 2020” elaborato per conto della CNA Abruzzo, dal Dott. Ronci, non eravamo lontani rispetto alla situazione odierna.  Il report sottolineava che  nel 2020 l’emergenza sanitaria causata dal Covid 19 ha determinata una crisi di liquidità per le imprese, Tutto mentre il Governo emanava provvedimenti,  per facilitare l’erogazione di finanziamenti da parte del sistema creditizi. Una per tutte la  concessione di  garanzie dirette  da parte dello   Stato. Nell’anno 2020, i prestiti alle imprese hanno raggiunto i 10 miliardi e 980 milioni di euro e di questi ben 2 miliardo e 108 milioni di euro sono stati quelli erogati in seguito ai provvedimenti per il Covid 19.  Nonostante tutto, compresa la larghezza dei mezzi messi a disposizione, i player della finanza e del credito abruzzesi hanno messo in piedi un sistema che ha avuto effetto verso l’aumento del volume dei prestiti.  In concreto le Banche hanno chiamato i propri clienti per segnalare la occasione di potere sostituire il prestito in corso, magari fatto ai fini della innovazione o del sostegno alla produzione, per farne uno diverso con il sistema di garanzia messo in piedi dal governo. Quindi la operazione decisa dal Governo di sostegno al sistema produttivo, diventa una occasione per fare altro. È non è stata una buona cosa. Ancora una volta le banche che operano in Abruzzo, ma con cervelli ed operatività in altre parti del paese, ci trattano come una “colonia” da spolpare. In buona sostanza la Banca non fa più la Banca non opera sostegno finanziario alla produzione sul territorio dove opera, ma si costruisce uno scudo protettivo e fa opera di garanzia a se stessa eleminando il rischio di sofferenze. Bando al rischio di impresa. Ma è valso  solo per noi, per la nostra regione. Ed è così se nonostante la concessione di finanziamenti garantiti il sistema produttivo abruzzese ha ancora bisogno di liquidità, più di altre regioni. Abbiamo verificata l’esistenza di un rapporto tra il prestito medio per impresa della Regione Abruzzo pari appena al  59% di quello Italiano (euro 86.602 contro 145.803).  Questo comportamento, del sistema bancario abruzzese, doveva fare dire, a tutti i commentatori della informazione, della economia e della politica cioè a quelli che dirigono il  governo regionale,  gli Enti Locali, ma anche sindacati e mondo imprenditoriale che le cose non possono procedere in questo modo e che il mondo bancario e finanziario deve fare sistema e non trattare l’Abruzzo come una “colonia” da spolpare. Per l’Abruzzo, sul piano generale naturalmente, non è così per cui desta preoccupazione il fatto che nel proseguimento dei provvedimenti ed interventi previsti dal Recovery Plan, la politica abruzzese, le associazioni sindacali ed economiche non sentano il dovere di aprire un “tavolo di Concertazione” con banche e regione per  capire quali possono essere le modalità di accompagnamento delle imprese, che dovranno superare la fase di soccorso per entrare nei processi di digitalizzazione e nei settori dell’innovazione ed internazionalizzazione, ma anche della economia sostenibile  e della transizione ecologica.  In conclusione, dando per scontato il fastidio che molti avranno nel ricevere questa comunicazione, per l’Abruzzo la crisi sanitaria ha trascinato con se quella economica,  per cui “auto gratificarsi” assumendo il rimbalzo, che non è svolta o ripresa travolgente, come dato risolutivo è una autentica ed irresponsabile scelta. Abbiamo bisogno di formazione, di crescita e ricerca di nuovi talenti e di capacità imprenditoriali nei settori che troveranno nelle nuove ed attese linee programmatiche Europee e nazionali, spunti per processi di modernizzazione. Alla buonora mettiamo insieme,  dentro questa discussione, tutti i soggetti utili allo scopo, per realizzare il “pollaio” delle idee. Bisogna reagire da ora anche contro il latente affermarsi dell’idea che la crisi può essere superata attraverso la crescita del “lavoro straccione” basato sulla forzatura dei diritti e al non rispetto delle condizioni salariali. È molto facile che tutto questo avvenga in una regione come la nostra caratterizzata da un sistema  produttivo,  composto per la gran parte da micro imprese, con problemi di carattere strutturale e scarsa propensione all’innovazione, non portata  a migliorare la competitività dei propri prodotti. Ed è proprio qui che  nasce il perché di una preoccupazione per il futuro “occupazionale” nella nostra regione che è caratterizzato da un dato inconfondibile, che differenzia la nostra regione rispetto a quelle più sviluppate di altri territori italiani, Di converso, solo per informazione, senza imporre un punto di vista , sono del tutto scettico sulle capacità che il numero esiguo di grandi imprese insediate in Abruzzo, che già presentano  un numero medio di addetti per impresa molto basso, possano diventare uno sbocco “possibile” alle esigenze della occupazione della collettività abruzzese . Tutto accompagnata dalla osservazione generale sull’impoverimento e la crescita della diseguaglianza  consolidatosi nel decennio, ma partita già da prima dell’anno precovid  2018. C’è molto di più da fare, infatti la precarizzazione del Lavoro sono un costo già operante, per giovani e donne dell’Abruzzo..