Economia, produzione e lavoroEditoriale

Applicare i principi scritti nella Costituzione è un dovere. Capire perché è un piacere.

Una ne pensa 100 ne sfascia.

Nei testi sacri della economia trovi sempre una descrizione legata alla necessità che si eviti la rincorsa tra l’innalzamento dei prezzi e quello dei salari. Tutto questo non ha valore per il nostro  grande Paese. Possiamo annotare che di fronte ai prezzi schizzati alle stelle, i salari restano inchiodati.  Infatti l’Istat certifica che le retribuzioni previste dai contratti collettivi sono cresciute solo dell’1% tra gennaio e settembre 2022, ma l’Inflazione corre in doppia cifra. Tutto questo avviene mentre oltre la metà dei lavoratori dipendenti italiani, è ancora in attesa del rinnovo del contratto nazionale scaduto e subiscono un aumento  basso degli stipendi.  Il dramma è che nei dati ISTAT scopri anche che gli accordi rinnovati, non sempre riescono a garantire ritocchi in busta paga tali da mantenere intatto il potere di acquisto delle famiglie. L’inflazione la fa da padrone e corrode il valore delle retribuzioni e, naturalmente delle pensioni ferme al palo da tempo. Temevamo di leggere queste cose grazie ai dati pubblicati il 28 Ottobre 2022. Un dato per tutti: nel mese di settembre anno 2022, l’ISTAT certifica che le retribuzioni contrattuali orarie risultano cresciute appena dell’1,1% rispetto a settembre 2021.  Anche il più scettico degli osservatori non può esimersi dal considerare la “irrilevanza” di questa crescita rispetto ad una Inflazione che cresce a doppia cifra. Nell’anno 2022 è avvenuto che la dinamica dei prezzi tornata ad essere superiore di 6,6 punti percentuali rispetto a quella salariale . Questi dati riguardano la media dei primi nove mesi di quest’anno.  L’inflazione cresce, mentre le retribuzioni perdono valore da 30 anni. Una riflessione pubblicata su Il Faro che oggi acquista grande valenza, visto l’andamento “impetuoso” della Inflazione e della mini crescita delle retribuzioni. Quindi le retribuzioni ferme e rallentate, secondo l’OCSE, sono un problema trentennale per questo Paese, ma l’attuale situazione economica l’ha accentuato. Scorrendo le Tabelle ISTAT si può leggere che, nel terzo trimestre 2022,  sono stati rinnovati solo i contratti dei settori privati dell’industria estrattiva, dell’energia elettrica, di radio e televisioni private, dei petroliferi e ,  per il comparto pubblico, solo quello  dei vigili del fuoco. È facile dedurre che i lavoratori con il contratto scaduto sono ancora ben 6,3 milioni, il 50,7% del totale.  Il tempo medio di attesa dei rinnovi, ha assunta la media incredibile di poco meno di  tre anni. Non deve sfuggire, e questo ritardo ce lo racconta, che i lavoratori, in pratica si vedono applicati accordi sottoscritti in un periodo molto lontano, ben prima che l’inflazione azzannasse i loro redditi.  Inoltre, sempre fonte ISTAT, le retribuzioni sono cresciute, in un anno :

  • 1,5% nell’industria, e nella pubblica amministrazione;
  • 0,6 % nei servizi privati si ferma allo 0,6%,
  • + 9,3 %  per i ministeri;

zero per chi lavora nel commercio, nelle banche, nelle assicurazioni e nel settore dell’energia. E pensare che il  presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, ha definito “specchietto per le allodole” il salario minimo legale, annunciando di volersi limitare a estendere  l’applicazione dei contratti nazionali maggiormente rappresentativi.  Questo ragionamento, del Presidente Meloni deve trovare un suggerimento che la faccia riflettere. È  il motivo di questa riflessione scritta per suggerire al nostro Presidente di “scorrere” le tabelle Istat, sulla contrattazione collettiva per farLe scoprire che esse ci parlano di una contrattazione “lenta” dove i  tempi vanificano anche i risultati portati a casa. Abbiamo già detto che esistono molte altre partite aperte come quella del contratto della vigilanza privata e dei servizi fiduciari. Bisogna dire alla gentile Presidente che stiamo parlando di un contratto già firmato da Cgil, Cisl e Uil, e questo accordo prevede minimi da 4,60 euro l’ora per le categorie più basse. Per questo motivo varie sentenze lo hanno definito non idoneo a garantire una vita dignitosa, quindi contrario all’articolo 36 della Costituzione.  Nonostante simili cifre, dopo sette anni ancora non si riesce a trovare l’intesa per il rinnovo.  Non dubitiamo che la nuova ministra del Lavoro, Marina Calderone, potrà spiegare al Presidente Meloni che il salario minimo legale risponde anche a principi di legalità costituzionale. Nei testi sacri della economia trovi sempre una descrizione legata alla necessità che si eviti la rincorsa tra l’innalzamento dei prezzi e quello dei salari. Tutto questo non ha valore per il nostro  grande Paese. Possiamo annotare che di fronte ai prezzi schizzati alle stelle, i salari restano inchiodati.  Infatti l’Istat certifica che le retribuzioni previste dai contratti collettivi sono cresciute solo dell’1% tra gennaio e settembre 2022, ma l’Inflazione corre in doppia cifra. Tutto questo avviene mentre oltre la metà dei lavoratori dipendenti italiani, è ancora in attesa del rinnovo del contratto nazionale scaduto e subiscono un aumento  basso degli stipendi.  Il dramma è che nei dati ISTAT scopri anche che gli accordi rinnovati, non sempre riescono a garantire ritocchi in busta paga tali da mantenere intatto il potere di acquisto delle famiglie. L’inflazione la fa da padrone e corrode il valore delle retribuzioni e, naturalmente delle pensioni ferme al palo da tempo. Temevamo di leggere queste cose grazie ai dati pubblicati il 28 Ottobre 2022. Un dato per tutti: nel mese di settembre anno 2022, l’ISTAT certifica che le retribuzioni contrattuali orarie risultano cresciute appena dell’1,1% rispetto a settembre 2021.  Anche il più scettico degli osservatori non può esimersi dal considerare la “irrilevanza” di questa crescita rispetto ad una Inflazione che cresce a doppia cifra. Nell’anno 2022 è avvenuto che la dinamica dei prezzi tornata ad essere superiore di 6,6 punti percentuali rispetto a quella salariale . Questi dati riguardano la media dei primi nove mesi di quest’anno.  L’inflazione cresce, mentre le retribuzioni perdono valore da 30 anni. Una riflessione pubblicata su Il Faro che oggi acquista grande valenza, visto l’andamento “impetuoso” della Inflazione e della mini crescita delle retribuzioni. Quindi le retribuzioni ferme e rallentate, secondo l’OCSE, sono un problema trentennale per questo Paese, ma l’attuale situazione economica l’ha accentuato. Scorrendo le Tabelle ISTAT si può leggere che, nel terzo trimestre 2022,  sono stati rinnovati solo i contratti dei settori privati dell’industria estrattiva, dell’energia elettrica, di radio e televisioni private, dei petroliferi e ,  per il comparto pubblico, solo quello  dei vigili del fuoco. È facile dedurre che i lavoratori con il contratto scaduto sono ancora ben 6,3 milioni, il 50,7% del totale.  Il tempo medio di attesa dei rinnovi, ha assunta la media incredibile di poco meno di  tre anni. Non deve sfuggire, e questo ritardo ce lo racconta, che i lavoratori, in pratica si vedono applicati accordi sottoscritti in un periodo molto lontano, ben prima che l’inflazione azzannasse i loro redditi.  Inoltre, sempre fonte ISTAT, le retribuzioni sono cresciute, in un anno :

  • 1,5% nell’industria, e nella pubblica amministrazione;
  • 0,6 % nei servizi privati si ferma allo 0,6%,
  • + 9,3 %  per i ministeri;

zero per chi lavora nel commercio, nelle banche, nelle assicurazioni e nel settore dell’energia. E pensare che il  presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, ha definito “specchietto per le allodole” il salario minimo legale, annunciando di volersi limitare a estendere  l’applicazione dei contratti nazionali maggiormente rappresentativi.  Questo ragionamento, del Presidente Meloni deve trovare un suggerimento che la faccia riflettere. È  il motivo di questa riflessione scritta per suggerire al nostro Presidente di “scorrere” le tabelle Istat, sulla contrattazione collettiva per farLe scoprire che esse ci parlano di una contrattazione “lenta” dove i  tempi vanificano anche i risultati portati a casa. Abbiamo già detto che esistono molte altre partite aperte come quella del contratto della vigilanza privata e dei servizi fiduciari. Bisogna dire alla gentile Presidente che stiamo parlando di un contratto già firmato da Cgil, Cisl e Uil, e questo accordo prevede minimi da 4,60 euro l’ora per le categorie più basse. Per questo motivo varie sentenze lo hanno definito non idoneo a garantire una vita dignitosa, quindi contrario all’articolo 36 della Costituzione.  Nonostante simili cifre, dopo sette anni ancora non si riesce a trovare l’intesa per il rinnovo.  Non dubitiamo che la nuova ministra del Lavoro, Marina Calderone, potrà spiegare al Presidente Meloni che il salario minimo legale risponde anche a principi di legalità costituzionale.