Economia, produzione e lavoroEditoriale

Rapporto 2022 della Banca d’Italia, grafici, tabelle e dati non entusiasmanti per l’Abruzzo.

Partecipare alla lettura del rapporto Annuale 2022, della Banca d’Italia, sulla economia dell’Abruzzo, mi ha consentito di assistere alla rappresentazione di una regione, attraverso l’utilizzazione dell’intera gamma dei colori a pastello, per non infastidire nessuno. Infatti è un’ombra grigia, quella che si espande per l’esistenza di un avvenuto rallentamento della ripresa economica, contrapposta al colore roseo usato per il  recupero ottenuto, rispetto alla fase recessiva introdotta dalla Pandemia, rende quasi armonica la situazione. In aggiunta, la verde speranza della notizia sul PIL cresciuto del 3,3 per cento, ma di – 0,4 per cento rispetto all’Italia, non è per niente “adombrata” dalla circostanza che, in una diversa precedente, occasione gli esponenti della Banca d’Italia, agli Stati Generali d’Abruzzo, insieme ad economisti vari e al Presidente della Giunta Regionale Marsilio, annunciarono  “mirabilie” per il futuro sviluppo economico dell’Abruzzo. Sin dall’anno 2021, durante, la prima ABRUZZO ECONOMY SUMMIT,  poi ripetuta successivamente,  senza porsi molti interrogativi sul dopo, una ammaliante” parola d’ordine: la capacità di tenuta dell’Abruzzo. Anzi una regione dotata, inoltre,  di un ingente deposito bancario privato da smobilizzare, con parole al vento visto il non uso del deposito a favore  di un sistema imprenditoriale alle prese con problemi costanti di “liquidità”.  Fu  un PIL in Abruzzo  (anno 2021)  superiore alla media nazionale del  +7% , che, senza cautele,  sviluppò un dibattito, sui destini “rosei”,  della nostra regione, stimando che ci sarebbe stato un ulteriore aumento del Pil, vista “l’ottima performance delle esportazioni, che già “nel secondo trimestre 2021 crescevano di circa il 27%, mentre in Italia solo del 23%”.  Ma non era così, anzi già si preannunciavano  segnali “sfortunatamente” negativi , a partire da quelli riferiti all’export,  che delegittimavano quelle aspettative in chi evidenziava che, il  settore industriale “era uscito per primo dalla crisi , perché le grandi imprese, in Abruzzo avevano consentito di anticipare la ripresa”. Un errore di lettura sui dati, che descrivevano l’Abruzzo come regione delle “meraviglie” mosca cocchiera e traino del trend di recupero del mezzogiorno”. Bastava guardare con attenzione  ai dati e dei numeri  già nel II° Trimestre 2021, già messi in circolazione da ISTAT . Anche allora ci furono, come scrive ancora oggi Banca d’Italia nel suo Rapporto 2022, parole piene di speranza e di buon auspicio, insieme a quelle  del Presidente Marsilio,  su un Abruzzo:  pronto ad agganciare la ripresa e a fare da traino in fase post pandemia”,  utilizzando al meglio, innanzitutto, i fondi del PNRR e quelli strutturali europei. Ma non è così perché già nell’anno 2022, che Banca d’Italia dichiara vittima di un pessimo rallentamento della Economia, i fondi del PNRR, come tutti auspicavano, non sta dando effetti buoni visto il ritardo, sia progettuale che operativo.  La Corte dei Conti ci ha “fustigati”. Il problema è che l’Industria abruzzese vede fallire la ripresa  con livelli che tornano a ridursi al di sotto dei valori rilevati negli anni precedenti alla pandemia. Dovrebbe aprire gli occhi la stessa  Banca d’Italia, che sondando un campione di imprese industriali, ha rilevato un indebolimento delle vendite a prezzi costanti, in particolare per le piccole imprese e per quelle orientate prevalentemente al mercato interno. Con caduta dei margini di profitto. Nonostante che i prestiti alle imprese della regione sono cresciuti, però si accentuata la contrazione dei crediti alle imprese di minori dimensioni, in larga misura, per effetto dei rimborsi effettuati, determinando ulteriori tensioni dal punto di vista occupazionale, in un settore che ha molto di più del 50% degli occupati. Ed è proprio nel 2022, dopo il recupero dell’anno precedente, la dinamica dell’occupazione si è indebolita, anche risentendo del calo registrato tra i lavoratori autonomi. Diventa “ricco di speranze” la ripresa della occupazione femminile, penalizzata durante l’emergenza sanitaria, ma non copre la notizia che la crescita di posti di lavoro ha riguardato la conversione di posizioni a termine, in lavoro a tempo indeterminato. In queste ore si ripete l’antico “giochetto” sull’avvenuta  crescita di occupazione abruzzese tra il Primo trimestre 2022 e questo Primo Trimestre 2023. Ma nessuno può dimenticare che il dato di partenza, dell’anno nel 2022, consiste in  482mila occupati, cioè 29mila occupati in meno rispetto alla rilevazione precedente, per cui, la crescita, dati  ISTAT nel Primo Trimestre 2023, è  inferiore alle attese. La nostra non è una regione in “salute”  con i cittadini alle prese con  l’incremento dei prezzi che ha determinato una riduzione del reddito reale delle famiglie abruzzesi, più marcata di quella rilevata a livello nazionale. E non dobbiamo trascurare che, dati OCSE, esiste una differenza, in basso, dei salari e stipendi dei lavoratori, e delle retribuzioni tra i nostri giovani con quelli europei. Ci aspettiamo, come con vigore a fatto il suo Direttore Generale a Roma, che Banca d’Italia affronti il tema, che riporta nel Rapporto, dell’avanzamento dell’area del disagio che alimenta il bacino del lavoro “straccione”, legata all’aumento al tempo determinato involontario ed ai conseguenti vuoti di attività; al part-time involontario, agli occupati sospesi, vale a dire gli assenti dal lavoro per un periodo pari o inferiore a tre mesi perché in CIG o per mancanza di lavoro/ridotta attività. Un dato altissimo che testimonia come la situazione del lavoro in Abruzzo sia molto difficile e in via di ulteriore deterioramento da cui partire sia per le proposte, ma soprattutto, per iniziative concrete volte a modificare questa negativa situazione attuale fatta di: troppa precarietà, troppo lavoro povero, troppe barriere per la ricerca di occupazione a chi vorrebbe lavorare.

Rapporto Banca d’Italia 2022