Ambiente

Stop smaltimento dei limi fluviali e portuali

Un progetto europeo di Economia Circolare, puo’ farci superare la pochezza culturale di una città, Pescara e di una regione,  Abruzzo che non mostrano nessuna intenzione di candidarsi alla innovazione, industriale ed ambientale, per  offrire una costa decontaminata ed attrattiva dal punto di vista commerciale, turistico ed ambientale. Purtroppo ancora una volta apprendiamo che è andato in porto un Appalto per lo smaltimento dei fanghi di rifiuto provenienti da Dragaggio, depositati da tempo sul molo pescarese. Un appalto, semi segreto e poco conosciuto, visto che associazioni imprenditoriali di prestigio, come  Confindustria , mentre Aniem lo annuncia, stanno effettuando un legittimo accesso agli Atti nei confronti degli Enti addetti. L’argomento è notoriamente di grande interesse per Faro, che, anche sulla base delle osservazioni, sul campo ancora una volta non riesce ad essere entusiasta dell’operato delle Istituzioni abruzzesi, Intanto, ed hanno ragione le Associazioni già citate, c’è un’assoluta mancanza di rispetto della legge sulla trasparenza delle attività e degli atti  delle Istituzioni pubbliche.  e della attività di monitoraggio condotte dall’ARTA. Non viene rispettate nessuna regola sulla trasparenza e non ci sono dati pubblicati di facile accesso sull’argomento. Al contrario la Legge sulla trasparenza dovrebbe consentire ad ogni cittadino una lettura facile su  dati e documenti pubblicati sul sito degli Enti interessati. Ma tutto questo non è possibile niente da leggere sui vari siti, niente sul sito del Comune di Pescara, tutto si ripete sul sito della Regione, che ormai pubblica documenti, progetti ed atti  vecchi e senza interesse e, naturalmente nulla sul sito dell’Agenzia Regionale Territorio Ambiente Abruzzo che offre solo documentazione datata. Non riusciamo ad essere entusiasti anche quando il nostro sindaco ci comunica che: “Pescara cambierà volto!”. Il completamento dell’attività sulla vasca di colmata, una volta separate le sabbie idonee al ripascimento sommerso da quelle da trasferire in discarica, è previsto in un lasso di tempo compreso tra i 60 e i 90 giorni”. NO. Perché il tema che si ripete è sempre lo stesso: Il Mare non può essere la nostra discarica preferita. Anzi possiamo scoprire, andando sul sito  dell’ARTA, che l’ultima pubblicazione: Monitoraggio dell’ambiente marino-costiero della Regione Abruzzo -Analisi dei dati osservati nell’anno 2017  seppure datata, ci racconta che, nelle 14  stazioni monitorate, tutte poste a  3000 m di distanza dalla costa, esiste  un apprezzabile incremento della frazione pelitica nel sedimento superficiale. Non possiamo sapere se questa frazione fangosa, come denunciato innumerevoli volte da noi,  capace di modificare la natura dei fondi marini, proprio nelle zone di ripascimento e di riproduzione di molte specie ittiche, sia cresciuta. Ma il persistente, e documentabile, uso del Mare come discarica, ci fa sospettare che il fango messo a dimora , in quantità notevoli, abbia continuato a modificare la natura del fondo marino con tutte le conseguenze. Possibile  che non si riesca a capire l’ABC del semplice messaggio che ti manda il Mare ? L’ambiente naturale degrada ed il mare  sta malissimo, recentemente abbiamo assistito ad una moria di cefali, e questa volta non è utilizzabile la scusa che i pescatori ributtano a mare i cefali perché di scarso pregio. La marineria stava ferma in Fermo Biologico. Quindi perché questa moria ? Ma sono state effettuate indagini ? Perché non vengono pubblicate ? I cittadini devono sapere. Ne hanno tutto il diritto ed il Sindaco deve essere anche impegnato  non solo nella attività di tutela della salute dei cittadini , ma anche di quello  dell’ambiente naturale. Qualsiasi sostanza materiale o cosa, una volta abbandonata diventa “rifiuto” se non si conosce esattamente che cosa provoca nell’ambiente che lo accoglie a dimora permanente. È il caso dei fanghi messi in discarica a mare Chi effettua questa indagine. Aggiungo che lungo la costa pescarese  sono scomparsi, da tempo, molluschi lamellibranchi e gasteropodi di pregio alimentare e commerciale, mentre la piccola pesca muore letteralmente, per mancanza di prodotto ittico. Ci fu un grido di allarme, su una frase estirpata ad un noto e compianto intellettuale abruzzese, Mario Di Iorio, che suggerì, ad una associazione abruzzese, ALPA, una frase, che divenne il titolo di un Manifesto di protesta di alcuni piccoli  pescatori:  Ardetec li cannilicch. Ma tempo fa , sempre sul Faro, abbiamo diramata la proposta per risolvere, in termini definitivi, il problema del dragaggio che è persistente e quindi ha bisognoso di una soluzione Industriale. Allora, in queste ore l’argomento principe è l’uso delle risorse previste dall’Europa a sostegno delle economie dei paesi membri. In Italia si sta sviluppando un gran dibattere sui fondi, e su come spenderli , del Recovery Funds. Come Focus Abruzzo, abbiamo proposto alle istituzioni, regione e comuni interessati di predisporre un progetto di Innovazione nel trattamento ambientale dei fanghi golenali e portuali. Cioè utilizzare:  “Recovery Fund, anche se la CE preferisce parlare di Next generation EU, è il nuovo strumento europeo per la ripresa, tradotto nel Piano italiano di ripresa e resilienza per accedere ai fondi, che prevede, nelle linee guida, sei missioni e tra di esse la Rivoluzione verde e transizione ecologica. Sviluppare tecnologie innovative, nel campo della tutela e della difesa ambientale, cioè utili ripensamenti su molti comportamenti in atto, anche nella nostra regione. Si pone all’Ordine del Giorno la convenienza data dal superamento della pratica DELLO SMALTIMENTO IN MARE DEI LIMI FLUVIALI E PORTUALI attraverso un progetto di Economia Circolare” Forse pure questa città e questa regione possono assegnarsi un piccolo sussulto di modernità.

Per approfondimenti, leggere sul precedente articolo su il Faro: Economia Circolare , per superare la pratica dello smaltimento in mare dei limi fluviali e portuali.

PS. Una  sintesi dei suggerimenti sull’argomento nel contesto nazionale ed internazionale.

L’immersione deliberata in mare di materiale di escavo dei fondali e dei terreni litoranei emersi, nonché la movimentazione dei fondali marini derivante da attività di posa di cavi e condotte, disciplinato dall’articolo 35 del D.lgs 152/99, è oggi normata dall’articolo 109 della legge 152/2006. È  infatti ormai pienamente accertato che l’escavazione dei fondali e l’eventuale scarico in mare dei materiali di risulta costituisce un’attività di notevole rischio per la diffusa presenza dei contaminanti contenuti nei sedimenti dei fondali, soprattutto a causa delle attività di tipo industriale e commerciale che vengono svolte nelle aree portuali. Per tutte queste ragioni, nella letteratura scientifica internazionale viene, in primo luogo, sottolineata l’importanza di limitare il ricorso indiscriminato alla “procedura d’urgenza” mediante l’attuazione di un piano di gestione dei sedimenti che preveda un continuo monitoraggio delle aree interessate, una corretta programmazione e l’attuazione di quello che dovrebbe essere lo strumento di gestione fondamentale: la scheda di bacino portuale. Per quanto concerne, invece, la problematica dello smaltimento dei materiali dragati, fino a tempi abbastanza recenti, la metodologia privilegiata è stata quella dell’immersione in mare. Successivamente, l’indicazione fornita dall’articolo 35 del D.Lgs. 152/99, che riprende quanto indicato dalla Convenzione di Londra del 1972 (in particolare nella risoluzione di approvazione del D.M.A.F. – “Dredged material assessment framework”), è stata quella di considerare il materiale di risulta una “risorsa” da recuperare, piuttosto che un materiale di rifiuto. In considerazione di ciò, dunque, un’alternativa da preferire allo scarico in mare è l’utilizzo benefico dei materiali dragati con o senza specifici trattamenti, anche perché è ormai chiaro che il fondo del mare non può essere usato come una discarica in quanto non possiede una capacità illimitata di assimilazione e smaltimento